Gli alimenti a basso indice glicemico (sotto il 60%) aiutano a mantenere stabile la concentrazione di zucchero nel sangue evitando picchi di insulina, invece gli alimenti ad alto indice glicemico (sopra il 60%) aumentano la concentrazione di zucchero nel sangue e di conseguenza la risposta all' insulina, ecco alcuni esempi nella tabella.
 

 

Prima di definire il concetto di indice glicemico è necessario dare uno sguardo alla composizione chimica dei carboidrati e al modo in cui sono scomposti dal nostro organismo.
 
I tipi di carboidrati:

Esistono tre tipi di carboidrati: i monosaccaridi e i disaccaridi (zuccheri semplici) e i polisaccaridi (carboidrati complessi). Si differenziano dal numero di molecole che sono legate assieme. I monosaccaridi, come il glucosio ed il fruttosio, contengono una sola molecola di zucchero. I disaccaridi, come il saccarosio, il lattosio ed il maltosio, sono costituiti da due molecole di zucchero legate assieme. I polisaccaridi, come l' amido, il glicogeno e la cellulosa, sono formati dal legame di diversi monosaccaridi, creando lunghe molecole.
 
La trasformazione dei carboidrati in glucosio:

Il nostro intestino trasforma e scinde tutti i carboidrati che riceve dal cibo in monosaccaridi. In questo modo potranno passare attraverso la parete intestinale, e circolare nel flusso ematico. Quindi sono trasportati verso il fegato, che li trasforma in glucosio. Il fegato lo può far tornare nel flusso ematico a scopo energetico, ma se nell'organismo vi è una quantità di glucosio superiore a quella di cui si ha bisogno, lo può trasformare in glicogeno per essere immagazzinato. Il rimanente glucosio nel sangue è convertito in grasso. Per mantenere il glucosio del sangue entro valori tollerabili interviene il pancreas, secernendo gli ormoni insulina e glucagone. Quindi, un'assunzione eccessiva di carboidrati produce un aumento della glicemia e innesca il rilascio dell'insulina che riequilibra la situazione. Il picco insulinico è tanto maggiore quanto più alto è l'indice glicemico dei carboidrati assunti.

 
Cos'è l'indice glicemico?

L'aggettivo "glicemico" deriva dalla parola "glicemia" che sta ad indicare la presenza di glucosio nel sangue. La risposta glicemica ad un tipo di carboidrati esprime l'arricchimento di zuccheri nel sangue, dopo aver consumato un certo tipo di carboidrati. I carboidrati situati in cima della gamma delle possibili risposte glicemiche sono definiti carboidrati ad elevata risposta glicemica. Il raffronto tra la risposta glicemica indotta da carboidrati di un dato tipo e quella di un carboidrato "standard", solitamente glucosio o pane bianco, dà, come risultato, un confronto rappresentato dall'indice glicemico che può, quindi, essere usato per valutare l'impatto che i carboidrati ingeriti hanno sugli zuccheri presenti nel sangue.

L'indice glicemico è, quindi, la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all'assunzione di 50 g del carboidrato sotto esame. L'indice è espresso in termini percentuali, rapportandolo alla velocità d'aumento con la stessa quantità del carboidrato di riferimento (indice pari a 100): un indice glicemico di 50 significa che l'alimento innalza la glicemia con una velocità che è la metà di quella del glucosio. L'indice glicemico nella tabella è stato riferito al glucosio. In altre tabelle che si trovano nella letteratura scientifica l'alimento di riferimento è un altro  spesso il pane bianco, un cibo tipico più vicino alla realtà quotidiana rispetto al classico glucosio, che viene usato solo in studi scientifici. Per calcolare l'indice glicemico rispetto al pane bianco basta moltiplicare per 1,37.
 
Indice o carico glicemico?

La definizione di indice glicemico ha portato alla ridicola demonizzazione di alcuni cibi (come per esempio banane, carote, patate) prima che si capisse che ciò che conta è sempre l'aspetto quantitativo del problema definito dal carico glicemico. In altri termini, come per ingrassare conta la quantità di alimento che si mangia, così per l'attivazione del meccanismo dell'insulina conta la quantità di cibo glicidico che si assume: il fruttosio ha un indice glicemico che è un terzo di quello dello zucchero comune, ma 30 g di fruttosio provocano un rilascio insulinico maggiore di 8 g di zucchero. Pertanto è fondamentale capire la definizione di carico glicemico, ottenuto moltiplicando la quantità del carboidrato considerato per il suo indice glicemico. 30 g di fruttosio danno un carico di 30x23=690 mentre 8 g di zucchero danno 8x67= 536.Con un'analogia, l'indice glicemico sta al carico glicemico come il peso specifico sta al peso di un materiale. Il peso specifico del ferro è maggiore di quello dei mattoni, ma è meno doloroso se ci cade sul piede una moneta di ferro che un mattone!
 
La resistenza all'insulina

I fattori principali che contribuiscono alla variazione della risposta individuale ai carboidrati sono la resistenza all'insulina e il tipo dei carboidrati assunti.
L' espressione "resistenza" all'insulina indica una situazione nella quale il trasporto di glucosio nei tessuti sensibili all'insulina è inibito. A seconda del grado di resistenza all'insulina, il glucosio e l'insulina possono aumentare dando via ad una maggiore conversione di glucosio in grasso e ad un minore immagazzinamento sotto forma di glicogeno. La scarsa tolleranza ai carboidrati si traduce nella difficoltà a recuperare energia, una volta portato a termine l'allenamento e a ricreare la riserva di glicogeno nei tessuti muscolari. Di conseguenza l'atleta intollerante al glucosio si ritrova con una quantità limitata di glicogeno muscolare, presentando ovvie difficoltà a proseguire l'allenamento. Con le riserve di glicogeno scarse, l'organismo dovrà affidarsi agli ormoni dello stress, primo fra tutti il cortisone endogeno (cortisolo). L'aumento di questo ormone genera resistenza all'insulina, e la sua presenza può influire sulla tolleranza ai carboidrati.
 
Le combinazioni alimentari

La risposta glicemica indotta da un pasto misto, a contenuto di proteine, carboidrati e grassi, è diversa da quella che si può avere mangiando solo carboidrati. Infatti, un pasto misto è digerito più lentamente: la maggior permanenza di questo pasto nello stomaco deriva dal fatto che i suoi carboidrati sono rilasciati nell'intestino tenue in modo più lento e, quindi, penetreranno nel sangue più lentamente.
 
La glicemia rappresenta la quantità di glucosio presente nel sangue (mg/dl)
 
I valori glicemici a digiuno si attestano normalmente intorno a 60-75 mg/dl mentre nella fase postprandiale salgono a 130-150 mg/dl.
 
L'organismo umano possiede un sistema di regolazione intrinseco che consente di mantenere relativamente costante la glicemia durante l'arco della giornata. La presenza di glucosio nel sangue è essenziale per la vita, esso è infatti un nutriente essenziale per tutte le cellule dell'organismo.
 
In soggetti sani che seguono una dieta mista la glicemia si mantiene, durante la giornata, generalmente tra i 60 e i 130 mg/dl, con un valore medio di riferimento di 90 mg/100 ml (5 mM)
 
Mantenere costante la glicemia è importante per assicurare il normale apporto energetico al cervello. A differenza di altri organi e dei muscoli il cervello non è in grado di immagazzinare riserve di glucosio dalla cui disponibilità dipende direttamente. Se si escludono le condizioni di digiuno prolungato, (vedi: chetoni) il glucosio ematico è  l'unico substrato energetico utilizzabile dal cervello.
 
Inoltre sia valori troppo bassi di glicemia (ipoglicemia) che valori troppo alti (iperglicemia) sono potenzialmente pericolosi per l'organismo e, se protratti per lunghi periodi. possono portare a conseguenze molto gravi (coma, e diabete).
 
Il sistema di regolazione della glicemia è mediato principalmente dall'azione di due ormoni: l'insulina ed il glucagone.
 
L'insulina: è un ormone ipoglicemizzante perché promuove l'abbassamento della glicemia, mentre il glucagone ha effetti contrari (iperglicemizzante).
 
Dopo un pasto abbondante la glicemia tende a salire a causa  delle grandi quantità di glucosio che l'intestino riversa in circolo.
 
Un innalzamento dei livelli glicemici stimola la secrezione di insulina, che con la sua azione riporta la glicemia a livelli normali (l'insulina facilita il passaggio del glucosio dal sangue alle cellule, favorisce l'accumulo di glucosio sotto forma di glicogeno ed aumenta l'utilizzo di glucosio da parte delle cellule).
 
Dopo qualche ora di digiuno la glicemia tende ad abbassarsi a causa del passaggio del glucosio dal circolo ai tessuti.
 
Un abbassamento dei livelli glicemici stimola la secrezione di glucagone, un ormone che riporta la glicemia a valori normali ( stimola la produzione di glucosio a partire dal glicogeno e favorisce l'utilizzo cellulare di grassi e aminoacidi, risparmiando glucosio).
 
IL MECCANISMO "PERVERSO"  DELL'INSULINA
 
La quantità di insulina riversata in circolo è direttamente proporzionale al valore della glicemia, più questa aumenta e maggiore quantità di insulina viene secreta.
 
La glicemia si alza moltissimo quando un pasto è composto principalmente da grossi quantitativi di carboidrati, specie se semplici (ad elevato indice glicemico), mentre aumenta più gradatamente se i glucidi sono complessi ed associati a proteine, grassi e fibre (vedi: indice e carico glicemico).
 
In generale l'incremento glicemico è massimo per i carboidrati, medio basso per le proteine e minimo per i grassi.
 
Quando grandi quantitativi di insulina vengono riversati in circolo la glicemia si abbassa rapidamente e scende sotto i livelli normali. Il repentino calo della glicemia, noto come ipoglicemia reattiva post-prandiale, viene captato dall'organismo che aumenta la secrezione di glucagone. Questo ormone interviene rapidamente stimolando il senso della fame per riportare nella norma i livelli glicemici.
 
Si viene così a creare un circolo vizioso e la maggior parte del glucosio introdotto nelle cellule finisce per essere trasformato in grasso.
 
Inoltre l'aumentata richiesta di insulina porta a lungo andare ad un progressivo declino funzionale delle cellule ß del pancreas (deputate alla produzione di insulina) con aumento della glicemia a digiuno (IFG).
 
L'alterata glicemia a digiuno pone a sua volta le basi per la comparsa del diabete di tipo II.
 
CONTROLLO GLICEMICO E DIMAGRIMENTO

Oggi, la maggior parte delle diete che provengono dagli Stati Uniti e che stanno riscuotendo grosso successo anche in Europa (dieta a zona, iperproteica, metabolica ecc.), sono calibrate in modo da mantenere costanti i livelli glicemici.
 
Il controllo glicemico è molto importante poiché:
 

    previene la comparsa del diabete di tipo II e delle sue complicanze;
    favorisce il controllo del peso corporeo;
    riduce la produzione endogena di colesterolo che rappresenta circa l'80% del colesterolo totale;
    migliora la capacità di attenzione e concentrazione.

 
Un pasto ricco di grassi e proteine è inoltre in grado di stimolare il rilascio di una sostanza chiamata colecistochinina (CKK) che favorisce il senso di sazietà.
 
6 REGOLE D'ORO PER CONTROLLARE LA GLICEMIA ED IL PESO CORPOREO

    Limitare la quantità di carboidrati, soprattutto - ma non esclusivamente - quelli semplici (zucchero, dolci, cereali e derivati da farine raffinate).
    Limitare il consumo di snack, prodotti dolciari e bevande zuccherate.
    Non eccedere con il consumo di carboidrati a medio indice e ad alto carico glicemico (pasta, pane, patate, cereali ecc.).
    Preferire alimenti integrali ricchi di fibre, come la frutta, la verdura ed i cereali integrali.
    Ripartire uniformemente i nutrienti nei vari pasti evitando i pasti a base di soli carboidrati (per esempio 100 grammi di pasta in bianco aumentano di più -la glicemia rispetto a 80 grammi di pasta al tonno e pomodoro e sono anche meno sazianti).
    Non fare pasti troppo abbondanti, ma suddividere l'apporto calorico in almeno quattro/cinque pasti giornalieri; ricordiamo infatti che per tenere sotto -controllo la glicemia è molto importante non solo la qualità ma anche la quantità dei nutrienti assunti con la dieta (com'è logico pensare un cucchiaino -di zucchero, pur avendo un indice glicemico alto, causa un incremento glicemico inferiore rispetto a 100 g di pasta integrale).
    Leggere sempre le etichette ed i valori nutrizionali, moderare l'utilizzo di cibi che contengono sciroppo di glucosio e/o sciroppo di fruttosio e/o amido di mais.

 
L'indice glicemico (IG) rappresenta la velocità con cui aumenta  la glicemia in seguito all'assunzione di 50 grammi di carboidrati. La velocità si esprime in percentuali prendendo il glucosio come punto di riferimento (100%).
 
Un indice glicemico pari a 50 indica che l'alimento preso in esame innalza la glicemia con una velocità che è la metà di quella del glucosio.
 
Questo dato è influenzato in primo luogo dalla qualità dei carboidrati, tanto più sono semplici e tanto più l'indice glicemico aumenta.
 
Il valore ottenuto non dipende solo dalla complessità dei carboidrati, per esempio l'amido del riso e delle patate ha un indice glicemico superiore a quello di mele e pesche. La frutta e gli ortaggi, infatti, hanno in generale indici glicemici bassi a causa del loro elevato contenuto in fibre.
 
ALTO INDICE: glucosio, miele, pane bianco, patate cereali, cracker, cereali per la prima colazione, uva, banane, CAROTE, riso.
 
MODERATO INDICE: pane integrale, pasta*, mais, arance, cereali integrali per prima colazione, riso brillato.
 
BASSO INDICE: fruttosio, yogurt, piselli, mele, pesche, fagioli, noci, riso parboiled, latte.
 
*tra i vari tipi di pasta, gli spaghetti sono quelli con l'indice glicemico più basso.
 
L'indice glicemico dipende da diversi fattori: dalla prevalenza di amilosio o amilopectina, da eventuali manipolazioni tecnologiche nei cibi, dalla cottura, dalla presenza di fibre e dalla quantità di zucchero presente (un frutto maturo ha un IG maggiore di un frutto acerbo).
 
Inoltre l'indice glicemico è influenzato dalle interazioni con grassi e proteine poiché la presenza di questi due macronutrienti rallenta la velocità di assorbimento intestinale.
 
Ecco perché è più salutare associare ad un pasto ricco di carboidrati come la pasta alimenti proteici come la carne o il pesce e/o alimenti ricchi di fibre come la verdura. Paradossalmente se l'obiettivo è quello di dimagrire è meglio mangiare un piatto di pasta con  una scatoletta di tonno e pomodoro o con del macinato magro  piuttosto che mangiare lo stesso quantitativo di pasta senza condimenti. E i grassi? Aggiungere un cucchiaio di olio d'oliva, oltre a rallentare la successiva comparsa della fame, diminuisce anche l'indice glicemico del pasto.
 
Anche il rapporto fruttosio-glucosio è importante: un maggior contenuto in fruttosio riduce la velocità di assorbimento dei carboidrati.