Secondo una visione tradizionale si ingrassa quando il bilancio energetico è attivo, cioè quando s'incamerano più calorie di quante se ne bruciano in realtà il bilancio non deve essere fatto solo sulle calorie, ma sul modo e sulla qualità con cui sono assunte.
 
Ogni cibo può essere suddiviso nei tre macronutrienti principali, proteine, grassi e carboidrati.
 
Le proteine

Vengono assorbite fino ad un massimo, di solito proporzionale al peso, ma dipendente anche dalla dieta dell'individuo, da caratteristiche personali ecc. A differenza di quanto pensano molti frequentatori delle palestre, la quota massima di proteine che il nostro organismo usa per costruire i muscoli è relativamente bassa e non è possibile forzarlo a usarne di più a questo scopo. Uno dei motivi per cui le diete iperproteiche non fanno ingrassare deriva dal fatto che le proteine in eccesso vengono eliminate. Non è però una buona strategia ricorrere a tali diete: i prodotti di rifiuto sovraccaricano inutilmente l'organismo. Inoltre un'alimentazione decisamente proteica è del tutto innaturale.
 
I grassi  
Generalmente vengono metabolizzati per immagazzinarli come fonte energetica di riserva. L'errore comune è di ritenere che siano l'unica causa dell'aumento di peso corporeo. Come vedremo, il ragionamento banale "riduco a zero i grassi, non ingrasso "è sbagliato. I cosiddetti alimenti "senza grassi" si devono considerare dieteticamente apprezzabili solo se sono anche ipocalorici. L'esempio più fuorviante è quello dei "biscotti senza grassi": leggendo l'etichetta nutrizionale si scopre che hanno praticamente le stesse calorie di quelli normali!
 
I carboidrati
Quando si mangia, il livello degli zuccheri nel sangue (glicemia) aumenta a seguito dell'assunzione di carboidrati. Tale innalzamento provoca le secrezione da parte delle cellule beta del pancreas dell' insulina, il cui compito è di abbassare la glicemia. La risposta è tanto più rapida quanto più alto è il carico glicemico dei carboidrati assunti.

 

 

L'insulina:

a) facilita l'ingresso del glucosio nelle cellule muscolari;

b) dà il via all'immagazzinamento delle scorte di glicogeno (cioè le scorte di carboidrati) nel fegato e blocca il rilascio di quello presente;

c) trasforma il surplus di carboidrati in grasso;

d) blocca il consumo dei grassi già presenti.

Esiste un ormone antagonista dell'insulina, il glucagone che fa innalzare i livelli di glucosio nel sangue. Se c'è troppa insulina o poco glucagone scatta l'ipoglicemia con conseguente sofferenza cerebrale. Il glucagone:

a) libera il glicogeno immagazzinato nel fegato;

b) consente di bruciare i grassi;

c) stimola la gluconeogenesi, favorendo la conversione degli aminoacidi in glucosio da parte del fegato.
 
Il controllo del sistema si basa sull'equilibrio dell' azione dei due ormoni. Se si assumono troppe carboidrati si ha un eccesso d'insulina che blocca il rilascio di glicogeno, il cervello entra in crisi (la spiegazione della sonnolenza dopo un pasto iperglicidico o il senso di affaticamento e di svogliatezza che accompagna le giornate di molte persone che seguono una dieta sbagliata) e richiede energia che noi tentiamo di reintrodurre con altri carboidrati peggiorando la situazione.

NOTA. Nella formulazione originaria della dieta a zona, Sears ha commesso l'errore di considerare l'azione dell'insulina sempre negativa. In realtà lo è solo quando si passa al punto c) della sua azione, cioè quando le scorte di glicogeno dell'individuo sono al massimo (e allora si parla di carboidrati in eccesso). Finché non lo sono, l'azione dell'insulina è necessaria e importantissima.
 
 Un eccesso di carboidrati fa ingrassare, non fa bruciare i grassi, stimola maggiormente la fame, rende fisicamente meno attivi.
 Non tutti i soggetti però rispondono nella maniera descritta all'introduzione dei carboidrati; il comportamento fisiologico che abbiamo descritto vale per circa metà della popolazione (tipologia normoinsulinica).
 Per un 25% della popolazione (tipologia b-insulinica) la risposta insulinica è esaltata: un troppo rapido assorbimento dei carboidrati produce un rilascio eccessivo di insulina e quindi il meccanismo di conversione in grasso parte più facilmente. Per un 25% la reazione insulinica è depressa perché è maggiore la sensibilità dell'organismo a essa: ciò comporta una diminuita richiesta insulinica per un dato incremento della glicemia (tipologia a-insulinica).

In sostanza il 75% della popolazione deve controllare in modo più attento il consumo di carboidrati. Si deve notare che non si tratta di situazioni congenite, ma del risultato di stili alimentari errati.
 Cambiando stile, si può lentamente passare da una classe all'altra, almeno entro certi margini di reversibilità della situazione.
 L'attenzione ai carboidrati è nata dopo il fallimento del progetto del governo americano di ridurre l'obesità.
 Il cuore del progetto era molto semplice: eliminiamo i grassi, diminuendo le calorie giornaliere. In dieci anni, dal 1981 al 1991, le calorie sono scese da 2600 a 2200, ma il numero degli obesi è aumentato del 18%! La banale demonizzazione dei grassi a vantaggio dei carboidrati (un po' meno calorici, visto che 1 g di carboidrati apporta 4 calorie contro le 9 dei grassi) non aveva ottenuto l'effetto sperato, anzi...Se in America si sta già correndo ai ripari, in Italia si sta seguendo la stessa strada americana di qualche anno fa.
 
Troppa è la pubblicità che invita a consumare cibi privi di grassi, ma con un sacco di carboidrati, come esempio di cibo genuino che dà forza ed energia.
 Il caso più classico è rappresentato da biscotti e merendine.
 Anche quelli light, con pochi grassi, hanno un contenuto calorico impressionante: anche ragionando in modo tradizionale questo fatto è un inganno per il consumatore.
 Pensiamo a quanti si permettono una merendina in più solo perché è light.
 Occorre però fare attenzione: l'errore che si può essere portati a compiere è demonizzare i carboidrati, proprio come certi dietologi demonizzano i grassi.
 Diminuire troppo i carboidrati porterebbe al fenomeno della gluconeogenesi: il corpo per sopperire al fabbisogno di glucosio, con diversi meccanismi, sarebbe costretto a trasformare i grassi e le proteine in energia utilizzabile.

Questo processo, se diventa la regola, porta con sé una serie di conseguenze negative.>br /> La gluconeogenesi a partire dalle proteine in seguito a deamminazione porta a una diminuzione della massa magra e a un sovraccarico dei reni che devono eliminare le scorie azotate, mentre quella che utilizza il glicerolo proveniente dal catabolismo dei grassi provoca un accumulo di corpi chetonici (scorie col azione acidificante) eliminati tramite le urine, provocando un aumento dei livelli plasmatici di acido urico, un'alterazione dell'equilibrio elettrolitico e disidratazione.

La soluzione di questi difficili equilibri sta in una dieta veramente scientifica.
 Provoca un accumulo di corpi chetonici (scorie con azione acidificante) eliminati tramite le urine, provocando un aumento dei livelli plasmatici di acido urico, un'alterazione dell'equilibrio elettrolitico e disidratazione. La soluzione di questi difficili equilibri sta in una dieta.